Mazzarrà S. Andrea - La cellula mafiosa sorta nel 1986 a Mazzarrà Sant’Andrea fu creata in origine dall’ex boss di Vigliatore, Pino Chiofalo, inteso “U Sceccu”, nella fase di preparazione della “guerra di mafia” che ha poi insanguinato Barcellona con i paesi dell’hinterland. Chiofalo in una riunione segreta tenuta nel 1986 nei pressi del ponte Cicero, all’interno della masseria di proprietà del suo braccio destro, Giuseppe Trifirò, detto “Carabedda”, costituì il “Corpo di società attiva”. Si trattava di una nuova organizzazione mafiosa, più dinamica e spregiudicata con un rituale “copiato” dalla nuova Camorra organizzata di Raffaele Cutolo e con un organigramma simile a quello della ‘Ndrangheta. Sul territorio, infatti, erano stati creati dei sottogruppi denominati ‘ndrine. La più importante ‘ndrina fu quella dei “Mazzarroti” affidata proprio al luogotenente “Carabedda” che su Mazzarrà controllava con i suoi armenti i pascoli. Le lotte di mafia ed i capovolgimenti negli schieramenti contrapposti tra “Barcellonesi” da una parte e “Chiofaliani” dall’altra, portarono successivamente dopo una serie di interminabili attentati, tutti falliti, all’uccisione dello stesso Trifirò avvenuta il 30 agosto del 1991. Da allora il nucleo originario della ‘Ndrina creata da Chiofalo, fu ereditato dall’emergente Carmelo Bisognano. Con il nuovo capo la cellula mafiosa di Mazzarrà fa il salto di qualità e si introduce nella gestione degli appalti pubblici in tutta la Sicilia orientale. L’arresto di Bisognano ha lasciato campo libero al suo ex alleato, il nuovo capo dell’ala secessionista dei Mazzarroti, Tindaro Calabrese, che ha retto la cosca fino all’aprile del 2008. (l.o.)
Sono trentatré le persone scomparse negli ultimi 24 anni
Barcellona - “Lupara bianca”, un metodo silente utilizzato dalla mafia e che non lascia nessuna traccia. Nell’hinterland di Barcellona, dal 1986 sono scomparse 33 persone. Il bilancio di questa tragedia provocata dalla sentenze di morte emesse dalla potente famiglia mafiosa dei “Barcellonesi” e dalle sue articolazioni territoriali sale a 41 se nel computo si considerano anche le scomparse avvenute nel triangolo Tortorici, Capo D’Orlando, Piraino, tutte riconducibili alle lotte scatenate tra le fazioni contrapposte della mafia di Barcellona che aveva assoldato tra le sue fila una masnada di pastori di Tortorici utilizzati come spietati sicari. La tragica stagione delle lupare bianche ebbe inizio il 28 novembre del 1986, quando fu fatto scomparire il presunto boss Girolamo “Mommo” Petretta, ritenuto un vecchio uomo d’onore della mala del Longano. Sulla fine riservata a Petretta i pentiti hanno raccontato due diverse versioni: la prima che il cadavere del vecchio boss fu bruciato nella zona di Furnari tra una catasta di pneumatici; la seconda che il corpo dello scomparso sarebbe stato dato in pasto ai maiali. Pochi mesi dopo la morte di Pedretta per le strade di Barcellona si scatenò una guerra di mafia che portò all’eliminazione dei cosiddetti vecchi esponenti. La banda di Pino Chiofalo il 26 febbraio del 1987 aprì il fuoco sul vecchio capomafia Ciccio Rugolo, il 30 marzo sul suo luogotenente Franco Emilio Iannello. Il 1987 fu caratterizzato da una impressionante catena di omicidi. Alle azioni da guerriglia la criminalità organizzata, soprattutto la fazione vincente dei “Barcellonesi” alterna il ricorso alla lupara bianca. La sequenza delle scomparse avvenute a Barcellona e nei paesi dell’hinterland è tra le più atroci della storia di mafia della Sicilia. Il 5 settembre del 1998, sparisce da Merì, Francesco Mastroieni; l’8 aprile del 1990 un incensurato, il ventiquattrenne Sebastiano Rizzotti; venti giorni dopo, il 29 aprile, un’altra sparizione quella di Nicola Genovese, 21 anni, il cui cadavere sarà scoperto un anno dopo, il 7 agosto del ‘91, nella fossa comune di contrada Praga, sulle colline che sovrastano Barcellona. Il 20 settembre del ‘90, scompare un altro incensurato di Barcellona, Marcello Pedalà, 24 anni, vane furono le ricerche e gli appelli lanciati dai familiari attraverso la trasmissione “Chi l’ha visto?”. Il 25 gennaio del 1991, nel greto del torrente Patrì viene ritrovata l’auto, con i documenti strappati, di Salvatore Ansaldo, 35 anni, di Fondachelli Fantina, di cui non si sono avute più notizie. Pochi giorni e il 29 gennaio da Merì scompare Nicolino Aspa, 36 anni. Il 2 febbraio sparisce Salvatore Famà, 36 anni, di Santa Lucia del Mela. Nel frattempo non cessa il fragore delle armi e sono numerosi gli omicidi, tra i quali quello “eccellente” dell’avv. Benedetto Di Pietro, legale di fiducia di Chiofalo, avvenuto il 20 marzo del 1991 a S. Lucia del Mela. Le sparizioni riprendono il 17 maggio del 1991, quando non si hanno più notizie del sorvegliato speciale Alfio Bonazinga, originario di Lentini, con dimora a Barcellona, il cui corpo, sempre un anno dopo sarà ritrovato nella fossa comune di contrada Praga, assieme al cadavere di Nicola Genovese e ai resti di un terzo corpo che gli inquirenti ritengono possa essere di Salvatore Famà di Santa Lucia del Mela. Trascorrono pochi giorni e a Terme Vigliatore si perdono le tracce di un meccanico, Mariano Chiofalo, 31 anni. Dopo la scoperta del cimitero della mafia le sparizioni riprendono il 7 gennaio dell’anno successivo quando i familiari denunciano la scomparsa di Bruno Abbate. Dieci giorni dopo, sempre a Barcellona, la clamorosa sparizione di Angelo La Rocca inteso “lo sceriffo”, un ex boxer sul quale aleggiava un alone di mistero per i suoi trascorsi di militante della “Legione straniera” francese. L’uomo era stato condannato all’ergastolo e successivamente assolto, perché, accusato di avere istigato il 7 dicembre del 1983, il figlio minore Francesco affinché uccidesse Giovanni D’Angelo, un ragazzo di 12 anni che in precedenza aveva sfregiato il volto al figlio di La Rocca. Un delitto che sarebbe stato commesso da Francesco La Rocca poche ore prima che lo stesso compisse 14 anni, quando ancora il ragazzo era al di sotto della soglia della punibilità. L’atroce destino della “lupara bianca” qualche anno dopo, il 4 novembre del 1996, è toccato proprio anche al figlio di La Rocca, Francesco scomparso assieme all’inseparabile amico Giuseppe Nicosia. I cadaveri dei due furono rinvenuti dieci giorni dopo in un anfratto del torrente Mela. Il 12 febbraio del 1992 sparisce anche un giovane incensurato, Roberto Amato, il cui corpo viene ritrovato il 4 aprile successivo seppellito sulle alture di Barcellona. Il 17 marzo del 1992 scompaiono i barcellonesi Rosario Chillemi, Filippo Alesci Lo Presti e il castrense Salvatore Mirabile. La loro auto, una Fiat Regata viene ritrovata nel parcheggio dell’area di sosta di Tremestieri, alle porte di Messina. Dal successivo racconto dei pentiti dell’operazione Ariete, solo nel 2000 si è appreso dell’atroce fine riservata ai tre: dopo le sevizie e lo strangolamento, sarebbero stati inceneriti tra una catasta di vecchi pneumatici. L’interminabile elenco degli scomparsi di Barcellona continua con Angelo Smecca di cui non si sono avute più notizie dal 9 aprile del 1992, il cui corpo a quanto pare sarebbe nella lista dei cadaveri ricercati in questi giorni a Mazzarrà. Dodici giorni dopo scompare il venditore ambulante Carmelo Catalfamo il cui cadavere fu rinvenuto il 17 maggio del 1992, seppellito in un terreno sulle alture di Barcellona. Altra misteriosa scomparsa il 15 febbraio del 1993 a Rodì Milici, dove di Alessandro Maio non si sono avute più notizie. Il 22 febbraio a Barcellona scompare Giuseppe Italiano; il 17 marzo invece Giuseppe Porcino. Anche nell’hinterland avvengono atroci sparizioni: il 23 marzo 93 a Basicò sparisce Antonino Ballarino, il cui corpo sarebbe stato ritrovato ieri l’altro sulle alture di Mazzarrà; più tardi, il 10 aprile del ‘95 a Falcone viene denunciata la scomparsa di Carmelo Grasso, 19 anni, operaio inteso “picuredda”. Il 5 gennaio del 1996, a Oliveri presunta lupara bianca per il tortoriciano Carmelo Barberi Triscari. Il 30 gennaio del 1996 scompare il barcellonese Carmelo Genovese, il cui corpo viene ritrovato il successivo 13 febbraio nelle campagne di Terme Vigliatore. Il 16 maggio a Furnari si perdono le tracce di Vincenzo Bartolone. La lista degli scomparsi si allunga il 3 giugno del 1997, quando da contrada Case Bruciate di Rodì Milici viene denunciata la sparizione di Salvatore Munafò; trascorrono pochi giorni e il 22 luglio del 1997, nella vicina Mazzarrà sparisce da casa Natalino Perdichizzi. L’ombra della lupara bianca torna a Barcellona il 12 dicembre 1997, dove nel nulla inghiotte Santi Bonomo, figlio dell’ex podestà della città del Longano. L’inquietante capitolo degli scomparsi si chiude con il lavagista di Barcellona Sebastiano Mazzeo, sparito da casa il 4 gennaio del 1998 e – secondo indiscrezioni confidenziali – il suo corpo potrebbe essere stato dato in pasto ai maiali nella zona di contrada Garrisi a Barcellona. (l.o.)
Fonte: il BLOG di Enrico Di Giacomo (6 gennaio 2011)
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